La favola Bolt, dal c’era una volta di Pechino 2008 all’addio senza lieto fine di Londra 2017

Usain Bolt injury London 2017È appena caduta una stella nel cielo dell’atletica e già l’orizzonte della regina degli sport sembra meno luminoso di un tempo. Confidavamo tutti in un finale glorioso, degno di una leggenda come lui; purtroppo però, il fulmine Usain Bolt, campione giamaicano e mito mondiale, stavolta non è riuscito ad abbattersi sugli avversari con la solita forza.

Sapevamo bene che non si trattava del Bolt dei tempi d’oro, ma in un oro a Londra 2017, in fondo, speravamo lo stesso. Invece, l’atleta più amato di sempre saluta il suo pubblico con un bronzo nei 100 e un infortunio che fa male a tutti. Non sono bastate la generosità e la tenacia di uno sportivo che poteva chiudere la sua carriera prima dell’ineluttabile discesa, e neanche il tifo accorato del pubblico che dagli spalti lo incitava a vincere ancora una volta.

Usain Bolt non solo non trionfa in un giro d’onore, ma esce zoppicando dal retro. Le sue mosse proverbiali e le sue espressioni spiritose oggi sono state tristemente rimpiazzate da smorfie di dolore, finora sconosciute. Il più veloce di sempre ci lascia, per citarne solo alcuni, con 3 primati del mondo (100, 200 e 4×100), 9 ori olimpici, 11 ori mondiali e tante emozioni impagabili. Ha sconvolto il pianeta con il suo talento e risvegliato l’atletica con il suo carisma: ha conquistato il mondo in 9”58 e lo ha reso un posto più veloce in cui vivere. Nessuno, da Pechino 2008 in poi, era riuscito a superarlo nelle rassegne olimpiche o iridate.

Furono proprio le olimpiadi di Pechino a consacrarlo il numero uno della velocità, dopo un’ascesa vertiginosa e le prestazioni stellari siglate ai meeting dello stesso anno. Il Bolt che nessuno dimenticherà mai è quello che esulta, a braccia aperte e con una scarpa slacciata, svariati metri prima del traguardo dei 100, sprezzante degli avversari e noncurante del cronometro, che comunque si ferma a 9”69: primo oro olimpico per lui e nuovo record del mondo per l’umanità. Nei 200 non è da meno e, tra sé e il resto del mondo, apre una voragine che, già all’uscita della curva, preannuncia l’abbattimento di un altro primato: con il suo 19”30 scrive una doppietta storica. La sua prima olimpiade si conclude con un triplete da sogno, grazie al terzo oro e al terzo record del mondo, pari a 37”30, nella staffetta 4×100 con Carter, Frater e Powell.

L’anno seguente la storia si ripete. Bolt infiamma la pista blu dei mondiali di Berlino 2009 e supera anche se stesso siglando gli attuali record nei 100 e nei 200, rispettivamente 9”58 e 19”19; inoltre, la staffetta giamaicana si riconferma la più veloce del mondo. Gli avversari, più che competitivi, diventano comparse nello show che il campione ha scritto per l’intero movimento dell’atletica e dello sport in generale. La sua fama corre ormai veloce quanto lui e il fenomeno Bolt dilaga in tutto il mondo.

La sua imbattibilità non viene intaccata nemmeno nel 2011, in occasione dei mondiali di Daegu, quando non taglia il traguardo dei 100 a causa di una squalifica per falsa partenza, che molti hanno provato a interpretare come una vera e propria strategia; oggi sappiamo che Bolt non si tira indietro e onora le competizioni, anche a discapito della sua invincibilità. Nella rassegna di Daegu si conferma comunque campione iridato nei 200 e, insieme a Carter, Frater e Blake firma il nuovo record mondiale della 4×100: 37”04.

Alle olimpiadi di Londra 2012 diventa il primo atleta della storia ad aver vinto 100 e 200 in due edizioni consecutive delle olimpiadi, nemmeno Carl Lewis era arrivato a tanto. A suggellare questa impresa già leggendaria abbatte anche il muro dei 37 secondi nella staffetta: il nuovo record è ora di 36”84. Con cinque ori mondiali e sei olimpici guadagna un posto d’onore nell’Olimpo dell’atletica.

Le successive 3 medaglie d’oro ottenute ai mondiali di Mosca del 2013 ormai non fanno quasi più notizia. Il fulmine Usain ha il monopolio del gradino più alto del podio e l’inno giamaicano diviene familiare a tutti. Il ragazzo impertinente che, a ogni ingresso in pista, sfidava anche la sorte con i suoi gesti ormai topici, dimostra che nulla può fermare la sua freccia, una volta scoccata. Come se non bastasse, poi, al meeting di Varsavia del 2014, in 9”98 straccia anche il primato del mondo nei 100 indoor. È inarrestabile.

Non perde occasione, nei successivi mondiali di Pechino 2015, di ribadire ancora la sua primazia. Parte sfavorito dai blocchi dei 100 ma si aggiudica comunque altri 3 ori. Non ce n’è più per nessuno: con 11 medaglie iridate del metallo più prezioso mette a tacere anche i più scettici e scalda i motori per quello che si preannuncia un nuovo trionfo olimpico.

A Rio 2016, a distanza di ben 8 anni da Pechino, Bolt conquista l’ennesima, immensa tripletta olimpica e, con essa, l’immortalità, eguagliando così l’impresa del “figlio del vento” Carl Lewis. Il gesto del fulmine, che rappresenta il suo nome e il suo dono, impazza tra la folla che lo venera come il dio indiscusso della velocità.

Per nove anni e innumerevoli occasioni in cui si è dimostrato imbattibile, il re dell’atletica ci ha incantati con le sue prodezze: forse siamo come assuefatti dalle sue gesta eroiche. Questo spiega perché oggi, sebbene consapevoli che anche le storie più belle sono destinate a finire, ci sorprende comunque vederlo rincorrere gli altri, per giunta senza raggiungerli. Bolt ha rallentato e, per quanto la speranza ancora non ci abbia abbandonato, dobbiamo iniziare a pensare che forse possa essersi fermato del tutto.

In ogni caso, se anche questo funesto 12 agosto 2017 fosse davvero l’epilogo della sua carriera, non sarebbe comunque la fine di una leggenda.

Dove la storia finisce, inizia il mito.

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