STORIE : Jefferson Perez, il prescelto della marcia

Insieme a Robert Korzeniowski è il marciatore più vincente della storia, un vero e proprio mito vivente nel suo paese, l’Ecuador. Difatti è l’unico atleta nel suo paese ad essersi aggiudicato una medaglia ai Giochi Olimpici. Differentemente da Korzeniowski, era specializzato nella 20 km e solamente nelle rare occasioni in cui il polacco si cimentava nella distanza più corta i due hanno duellato. Se nel computo delle medaglie vinte ai Mondiali e alle Olimpiadi il polacco lo supera, per quanto riguarda lo stile di marcia non ha mai avuto rivali ed è spesso usato come modello di tecnica per tutti i marciatori del mondo.

Jefferson Roberto Quesada Perez, per tutti Jefferson Perez, nacque il 1 Luglio 1974 a Cuenca, il terzo paese per numero d’abitanti dell’Ecuador, nell’antico quartiere La Vecina, da una famiglia povera. Rimasto orfano molto presto del padre,un ex-militare, che gli aveva insegnato l’importanza della disciplina, viveva insieme a 2 sorelle,2 fratelli e la madre, una donna che ben presto lo portò alla fede cattolica. Per sopperire alle ristrettezze economiche familiari, il piccolo Jefferson andava correndo per Cuenca distribuendo giornali e vendeva frutta nel mercato rionale, spesso caricando e scaricando pesanti carichi. Così temprò il suo fisico alla fatica sin da piccolo e preparò la strada per i suoi futuri successi.

L’incontro con la marcia fu per caso, come molto spesso accade per tutti i predestinati. Era molto appassionato di matematica e rischiava di esser bocciato a causa del suo scarso impegno in educazione fisica. Il suo insegnante stabilì quindi che avrebbe dovuto vincere entro la fine dell’anno una gara in una specialità dell’atletica per non ripetere l’anno. Siccome era molto povero non si poteva permettere un simile lusso, per cui, tramite il fratello Fabian, iniziò ad allenarsi correndo per una settimana con i ragazzi seguiti dall’allenatore Luis Munoz per prepararsi ad una gara di resistenza. Quest’ultimo intravide subito le sue potenzialità e iniziò ad allenarlo stabilmente e con una preparazione di poche settimane riuscì a fargli vincere una gara di selezione per acquisire il diritto di rappresentare l’Ecuador a 2 manifestazioni giovanili che si sarebbero tenute negli Stati Uniti e in Inghilterra. Iniziò così a 14 anni a girare il mondo, ma non si era ancora avvicinato alla marcia. Guardando gli altri ragazzi al campo marciare iniziò ad incuriosirsi e decise di provare questa specialità tanto strana quanto intrigante, incoraggiato da Luis Chocho, allenatore di marcia, che era fermamente convinto fosse predisposto naturalmente all’azione della marcia. In pochissimo tempo bruciò le tappe,vincendo prima il campionato sudamericano giovanile nella 5 km di marcia e in seguito giungendo terzo nel 1990 a soli sedici anni ai campionati mondiali juniores a Plovdiv in Bulgaria con l’eccezionale tempo di 40’08”. Questo tempo è stato per molti anni il record mondiale allievi della 10 km in pista prima di esser migliorato a Bydgoszcz ai mondiali juniores del 2008 da Ding Chen( il vincitore della 20 km di marcia alle recenti Olimpiadi). Ciò la dice lunga sul suo talento cristallino forse unico nella storia della marcia.

Da questa prima medaglia internazionale a soli 16 anni iniziò la sua splendida carriera. Ma la sua carriera non fu priva di delusioni. Nel 1992 si qualificò ai Giochi Olimpici di Barcellona a causa però di un virus all’apparato respiratorio non riuscì a terminare la gara ritirandosi al decimo chilometro. Fu un duro colpo per lui e la stampa ecuadoregna che tanto si aspettava da lui lo ricoprì di critiche. Come i grandi campioni, però, seppe rialzarsi e un mese dopo vinse i campionati mondiali juniores a Seul nella 10 km di marcia in 40.42 davanti al nostro Michele Didoni, suo coetaneo, che arrivò sesto e con il quale intreccerà la propria carriera. Fino al 1995 non riuscì a conseguire importanti risultati a livello internazionale sia perché ebbe un grave infortunio alla clavicola nel 1994,sia perché spesso, per non gravare sull’economia familiare, non curava in maniera corretta l’alimentazione la quale risultava fondamentale per sopportare i pesanti carichi di lavoro che sosteneva. Ed è proprio nel ’95 che avverrà la svolta nella sua carriera sportiva.

Si presentò pieno di aspettative ai Mondiali di Goteborg ma andò incontro ad una cocente delusione e concluse la gara penultimo al 33esimo posto mentre il nostro Didoni vinse la gara. Dopo questa pesante sconfitta, decise di cambiare guida tecnica e di affidarsi all’esperto allenatore colombiano Enrique Pena. Con lui iniziò ad avere un approccio molto più scientifico e professionale alla marcia cambiando metodo di programmazione e curando meglio l’alimentazione. Iniziò quindi la preparazione per le Olimpiadi di Atlanta che si sarebbero tenute l’anno dopo, con gran determinazione. Ad Atlanta si presentò senza aver partecipato in precedenza a gare internazionali e senza i favori del pronostico, ma sia lui che il suo allenatore erano fermamente convinti di poter ambire al gradino più alto del podio dai riscontri avuti in allenamento. E non si sbagliarono. Vinse infatti la gara a sorpresa a 22 anni(era il più giovane vincitore della 20 km di marcia ai Giochi Olimpici) in 1.20.07 battendo il russo Markov. Per l’Ecuador fu la prima medaglia ai Giochi Olimpici, un evento storico. Al suo ritorno a casa fu festeggiato come un eroe nazionale e mantenne il voto fatto in precedenza prima di partire per gli Stati Uniti: nella cattedrale Francescana di Quito promise a Dio che se fosse riuscito a vincere la medaglia d’oro avrebbe percorso in pellegrinaggio i 459 km che dividono la capitale dell’Ecuador da Cuenca, la sua città natale.

 

 

Dopo questo successo nel 1997 si impose nella 20 km della Coppa del Mondo di Podebrady (Rep. Ceca), ma non riuscì ad andare oltre un quattordicesimo posto ai Mondiali di Atene. Nel 1999 invece arrivò secondo ai Mondiali di Siviglia, dove in una gara caldissima dovette arrendersi al suo acerrimo rivale russo Markov. Poco prima di partecipare alla gara si accorse di avere un’ernia del disco, ma decise di gareggiare ugualmente. Dopo i Mondiali si operò ed ebbe una lunga riabilitazione, ma riuscì comunque a prepararsi per le Olimpiadi di Sidney del 2000 dove arrivò quarto in 1.20.18 dietro al grande Korzeniowski che doppierà la vittoria anche sulla 50 km.

Nel 2003 conquistò la medaglia d’oro anche ai Mondiali di Parigi con una gara entusiasmante. Nella prima parte di gara lo spagnolo Fernandez passò velocissimo ai 10 km in 38.38 con 32 secondi di vantaggio su di lui, ma con un finale straordinario (ultimi 10 km coperti in 38.11!) riuscì a recuperare lo svantaggio e a superarlo di gran carriera chiudendo con il nuovo record mondiale di 1.17.21, che gli verrà tolta per pochi secondi solo nel 2007 dal russo Kanaykin. L’anno olimpico del 2004 inizia nel migliore dei modi con la vittoria in Coppa del Mondo a Naumburg in Germania davanti a Robert Korzeniowski che per l’occasione si era cimentato nei 20 km. Alle Olimpiadi di Atene però non raccoglie i risultati sperati classificandosi ancora quarto, come a Sydney, nella 20 km vinta questa volta dall’italiano Ivano Brugnetti. Partecipò anche nella 50 km dove ottenne un 12° posto con 3.53.04 che è poi rimasto il suo personale sulla distanza, sulla quale peraltro mai si impegnò con costanza e dedizione.

Dopo questa sconfitta, però riuscì a rifarsi vincendo nel 2005 e nel 2007 altre 2 edizioni dei Mondiali ad Helsinki e ad Osaka sempre alle spese dell’eterno piazzato Fernandez. In questo modo è riuscito ad essere l’unico marciatore nella storia ad aver vinto 3 edizioni consecutivi della 20 km di marcia ai campionati mondiali, record che difficilmente verrà eguagliato in futuro. Particolarmente drammatica è stata la vittoria ad Osaka nel 2007, quando arrivò stremato all’arrivo in preda ai crampi al termine di una gara con clima torrido e un tasso di umidità altissimo. L’anno successivo, nel 2008, si preparò in maniera maniacale per l’ultimo grande appuntamento della sua carriera, le Olimpiadi di Pechino. In questa occasione al termine di una gara combattutissima dovette cedere il passo al russo Borchin e arrivò secondo in 1.19.15. Fu forse l’unica volta in cui la sua tecnica di marcia non fu esemplare, ma ciò fu dovuto al fatto che cercò fino all’ultimo di tenere il ritmo del russo che in quell’occasione sembrò davvero disumano. Dopo l’argento olimpico concluse la sua splendida carriera a Murcia nella finale del Challenge Iaaf dove molti suoi tifosi commossi erano venuti a seguirlo per l’ultima volta.

Una volta ritiratosi il campione ecuadoregno ha istituito una fondazione con il suo nome che aiuta nell’istruzione e nella salute i bambini più poveri di Cuenca e dell’intera nazione e ha fondato una società di marketing sportivo, la JP Sport Marketing, che organizza e promuove eventi sportivi. E’ un esempio tuttora, sia dal punto di vista sportivo che morale, per molti ecuadoregni che lo vorrebbero ministro dello Sport.

A conferma di ciò e per la stima che nutrono nei suoi confronti, i suoi concittadini di Cuenca hanno già eretto una statua in suo onore all’interno del parco cittadino.

5 commenti su “STORIE : Jefferson Perez, il prescelto della marcia

  1. Il destino ha deciso di farlo incontrare con l’atletica, e non solo ha fatto onore al suo piccolo paese nel quale era nato un grande campione.

  2. Bellissima ricostruzione.
    Ho vissuto nel guardalrlo delle gare stupende, delle quali ricordo in particolare Parigi 2003, ma ancor più Helsinki 2005; una marcia stupenda, oserei dire “la marcia”.
    Una persona con uno stile di vita che nulla aveva da invidiare al suo stile di marcia, un grande in tutto e per tutto insomma.

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