STORIE : Carlton “Carl” Frederick Lewis, il Figlio del vento

Carl Lewis nasce a Birmingham, Alabama (USA) nel 1961, in una famiglia di classe media, terzo di cinque figli. I primi rudimenti di sport, il giovane Carl, li trova nel football ma rimane ammaliato dai racconti di suo padre sull’eroe di Berlino ’36, Jesse Owens, che, a quel punto, Lewis cercherà di inseguire e di eguagliare; fu nel 1971 all’età di 10 anni che, proprio ispirato alle gesta di Owens, Lewis partecipò ad una gara in onore del grande atleta USA arrivando secondo nel salto in lungo e ricevendo la medaglia proprio dal suo eroe.

Nel 1977, dopo un grave incidente al tendine rotuleo e con ancora alcuni risentimenti, Lewis supera per la prima volta i 7 metri, atterrando a 7,26 (a 16 anni) e mettendo il primo mattone che lo porterà nella storia dell’atletica, anche se viene tentato dal calcio, praticato dal fratello, ma quando esso lascerà la squadra, Carl lo segue riprendendo a saltare, fortunatamente per il futuro dell’atletica; nei due anni, salto dopo salto, seguenti continua a migliorare e proprio nel 1979 gli vengono aperte le porte della nazionale, durante i Panamericani di Portorico: Carl Lewis arriva a gara già iniziata e, dopo una consultazione con i giudici, gli viene concesso di saltare all’ultimo turno di salti, ma riesce comunque a strappare un bronzo con 8,13.

I sogni sembrano iniziare a realizzarsi per Carl Lewis: l’incontro con Tom Tellez, allenatore che porterà Lewis ai massimi risultati, gli cambierà la carriera e il 13 marzo 1981 inizia l’epoca di Carl Lewis, con un 8,48 nei campionati universitari indoor.

Senza Perdere un colpo, il 16 maggio, sempre del 1981, Lewis, in una gara svoltasi a Dallas, accarezza l’idea di poter affiancare Owens, vincendo nel giro di un pomeriggio i 100 in 10″, i 200 in 20″73 e salto in lungo in 8,23 facendo notare al mondo intero la sua polivalenza e la sua determinazione, anche con un salto, nel 1982, decretato nullo per pochissimo ma stimato di 9,20.

Dopo il boicottaggio delle olimpiadi russe del 1980, gli USA organizzano le proprie olimpiadi del 1984 a Los Angeles, e quale occasione migliore per Lewis, ( che intanto aveva vinto lungo e 100 ai mondiali del 1983 ad Helsinki) di dimostrare il suo talento e chissà, raggiungere quell’agognato record di quattro ori alle olimpiadi che tanto sogna fin da ragazzino.

L’impresa di Owens, l’uomo che umiliò Hitler in casa propria, sembrava titanica, ma quel mito, non per surclassarlo ma per imitarlo e rispettarlo, si ripetè di nuovo per un figlio dell’Alabama, quando Carl Lewis mise le scarpe e scese in pista col solo desiderio di vincere…E Lewis vince, una gara dopo l’altra: 100, 200, salto in lungo ma solo quando poi chiude in  maniera elegante ma potente la 4×100, può finalmente dire di essersi messo accanto al suo maestro,  guardando tutti gli altri atleti con un sorrisetto ironico da grande campione. L’unica differenza tra i due, purtroppo, è che il fardello di medaglie non portò il giusto tributo ad Owens, che fu costretto ad esibirsi in corse contro cavalli per guadagnarsi il pane, mentre Lewis iniziò ad essere rincorso da penne e contratti da firmare, ma più di tutti fu rincorso e preso da uno degli appellativi più belli del mondo sportivo: “ IL FIGLIO DEL VENTO

Quando hai successo, il passo dall’anonimato alla folla è breve e la popolarità derivante da tutti i successi internazionali porta Lewis a fare da testimonial e disegnatore di uniformi sportive, sfoggiando anche in giro look eccentrici. Addirittura ha prova a fare il cantante per allargare la sua popolarità.

Fortunatamente le luci della ribalta non allontanano troppo Lewis dalle otto corsie e la seconda parte di carriera dell’atleta americano è impuntata su due persone in particolare, che segneranno non solo sfide epiche con Lewis ma la storia dell’atletica moderna, nel bene e nel male: Ben Johnson e Mike Powell.

L’inizio delle “ostilità” inizia quando il canadese Johnson beffa Lewis sui 100 nell’ 86, ai mondiali ’87 e alle olimpiadi ’88, quando fa segnare il record del mondo, giungendo all’arrivo col dito alzato, un po come faceva Pietro Mennea, ma subito viene travolto dall’antidoping, e Lewis si aggiudica l’oro per squalifica e un singolare record, imbattuto fino all’arrivo di Bolt: la velocità più alta toccata da un uomo di 43,373 km/h e ottenendo il record del mondo di 9″92. Non bissa l’oro nei 200, perchè per soli quattro centesimi viene beffato dal compagno di nazionale e di club Joe DeLoach e la staffetta viene squalificata, solo il salto in lungo va secondo i piani, in cui Lewis si mette al collo il secondo oro olimpico della specialità.

Carl Lewis è verso la fine della sua carriera, eppure, dopo una ricerca di interessi nel mondo dello spettacolo, ai mondiali di Tokyo del 1991, pur sembrando in una fase discendente, dà vita a gare spettacolari.

Nei 100 metri è forte del primato del mondo Leroy Burrell, con 9″90, ma alla partenza, Lewis è esplosivo e con la sua famosa progressione leggera ed efficace riesce ad andare via al suo avversario, facendo registrare il nuovo record de mondo di 9″86, è il delirio!

Ma forse è proprio la gara in cui Lewis non vincerà che sarà ricordata maggiormente, come la gara di salto in lungo più appassionante della storia, dove Lewis e il connazionale Mike Powell si contesero la corona con una serie di salti oltre gli 8,80 ( se uno si ferma a pensare è una cosa incredibile); all’ultimo salto, Carl Lewis segnò 8,91 (ventoso), un cm in più del ” salto nel futuro” di Bob Beamon, ma quando sembrava fatta, Mike Powell sbalordì il mondo agguantando gli 8,95 e il record del mondo, proprio nella specialità principe di Lewis (che comunque, come ho già ricordato in precedenza,ad una gara del 1982, eseguì un salto nullo per pochissimo, stimato attorno ai 9,20 ).

Alle olimpiadi spagnole del 1992, Lewis, clamorosamente non riesce a qualificarsi nei 100 e nei 200, mentre si riaccese la sfida nel salto in lungo con Mike Powell, il quale non riuscì nell’impresa di Tokyo e così Lewis riuscì a bissare per la terza olimpiade di fila l’oro nel lungo; verrà poi fatto correre nella 4×100, portando gli USA all’oro e al record del mondo.

A quel punto le gare di Lewis si fanno sporadiche ma decide di partecipare, dopo i mondiali di Stoccarda ’93,  alle olimpiadi di Atlanta del 1996, considerata da molti l’olimpiade di Michael Johnson, ma Lewis non resta certo in disparte e per lui i record statistici sono fatti per essere raggiunti, così vince il quarto titolo olimpico di fila nel salto in lungo, quasi un appuntamento senza problemi da ripetere per sedici anni di fila, affiancando così un altro mostro sacro dell’atletica, il discobolo Al Oerter.

Carl chiude la propria carriera nel 1997, dopo valanghe di medaglie olimpiche, mondiali e 11 recorde del mondo outdoor e 3 indoor ( quello del salto in lungo ancora imbattuto); dopo due anni la IAAF lo elegge ” miglior atleta del secolo“, credo una delle maggiori soddisfazioni nella vita di un atleta come riconoscimento al proprio sudore versato in pista.

Lewis non è mai stato simpatico ai suoi colleghi per il suo carattere e per i sospetti di uso di doping, soprattutto dopo che uscirono, nel 2003, controlli effettuati prima di Seoul ’88, in cui Lewis era risultato positivo a tre stimolanti, ma i suoi legali sconfessarono le accuse presentando prove che Lewis aveva assunto quelle sostanze a causa di integratori alle erbe.

Dopo il suo ritiro ufficiale, Lewis si è reinserito leggermente nel mondo dello spettacolo; nel 2007 partecipa ad una simpatica sfida contro il campione olimpico dei 200 di Barcellona ’92 Mike Marsk.

Negli ultimi tempi si è occupato anche di politica, schierandosi tra le file dei democratici.

Da buon ex atleta, segue e cura la Carl Lewis Athletics, società di atletica, allenata dal mentore di Lewis, Tom Tellez.

6 commenti su “STORIE : Carlton “Carl” Frederick Lewis, il Figlio del vento

  1. Queste imprese li poteva fare solo lui infatti prima e dopo di lui non c’é stato nessuno capace di fare 4 ori in un edizione olimpica.

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